Donne e STEM: la crescita femminile nel mondo delle professioni STEM

Il rapporto apparentemente complesso tra materie STEM e donne nasce da un problema di divario di genere che affonda le sue radici lontano nel tempo. Radici che sembrano radicate con forza nei cliché e nei pregiudizi irrazionali ma difficili da cancellare. Nonostante il processo di emancipazione femminile abbia permesso di ottenere molti successi in diversi campi, rivoluzionando il ruolo della donna nella società nell’ambito delle scienze, la figura femminile risulta ancora sottorappresentata.

Oggi se la condizione femminile non è più quella descritta da Virginia Woolf nel capolavoro Una stanza tutta per sé, è soprattutto merito delle donne che hanno avuto il coraggio di agire e di accompagnare le generazioni verso il cambiamento, ispirando altre donne a fare lo stesso. Eppure, quando ci si addentra nell’ambito delle professioni STEM (acronimo inglese per "scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche”) si avverte ancora il sentimento descritto dalla Wolf nel suo libro, quando denuncia la cultura patriarcale che relega le donne ai margini del sapere, impedendo loro di accedervi o di contribuirvi in maniera attiva. Una cultura che, oggi come allora, continua a instillare un senso di sfiducia nelle donne che desiderano avvicinarsi a ruoli ricoperti da figure maschili.

Donne e Stem: esempi sotto i riflettori

Gli stereotipi sono duri a morire soprattutto quelli di genere che vedono le materie scientifiche e le professioni a cui preparano ancora appannaggio esclusivamente maschile. Pregiudizi totalmente astratti e privi di fondamento, alla cui diffusione però contribuisce anche il mondo dell'entertainment. Il Gender Bias Without Borders, studio sulle disuguaglianze di genere nell’industria cinematografica statunitense condotto nel 2015 dal Geena Davis Institute, evidenzia che i ruoli di ingegneri, scienziati e matematici sono interpretati per lo più da uomini, con sette volte più ruoli STEM maschili nei film che femminili.

Eppure, anche tra set e pellicole cinematografiche, dietro a delicati lineamenti da angelo si nascondono donne dalle menti geniali che confermano il connubio vincente tra materie STEM e donne. L’attrice Hedy Lamarr, che tra gli anni Trenta e Sessanta ha girato film con i grandi attori e registi di Hollywood, era laureata in ingegneria a Vienna. Pochi sanno che lavorò nel dipartimento di tecnologia militare degli Stati Uniti, per dare un contributo concreto alla guerra contro il nazismo. Elaborò la teoria dello spettro diffuso, progettando un sistema per far saltare i segnali di trasmissione tra le frequenze dello spettro magnetico. Un metodo che viene ancora oggi utilizzato per le reti mobili.

Nel 2016, sul grande schermo arriva il film Il diritto di contare che, tra scienza e questioni razziali, racconta delle tre scienziate senza le quali gli Stati Uniti non avrebbero vinto la conquista dello spazio durante la Guerra Fredda. Ci sono voluti oltre 50 anni per rivelare al mondo questa storia nascosta e onorare le menti eccellenti di Katherine Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson: donne e afroamericane che nell’America palesemente razzista degli anni Sessanta lottarono anche contro le segregazioni razziali. Oggi il quartier generale della NASA a Washington porta il nome di Mary Jackson.

Donne e stem: non solo nomi, ma esempi

Poco importa se la storia è costellata di numerosi esempi di donne che hanno lasciato il segno nelle professioni STEM, la percezione comune è che si tratti sempre di casi sporadici, di figure di eccellenza ma rare. Se le giovani studenti di oggi non inseguono il sogno di una carriera soddisfacente nell’ambito delle materie scientifiche forse è anche per la scarsa conoscenza dei modelli femminili ai quali ispirarsi.

Le menti geniali delle donne di scienza vengono ricordate e celebrate con troppa avarizia. Certo, tutti conoscono Rita Levi Montalcini, neurologa che ha dedicato una vita intera allo studio del cervello umano fino a identificare l'NGF, il fattore di accrescimento della fibra nervosa, per cui nel 1986 ha ottenuto il premio Nobel per la medicina. Del resto, lei è stata la prima donna a essere ammessa alla Pontificia accademia delle scienze. Oggi, poi, abbiamo alla guida del CERN di Ginevra un altro membro ordinario della Pontificia accademia delle scienze: la fisica Fabiola Gianotti, primo direttore generale del CERN a venire confermato per un secondo mandato. Quante giovani donne lo sanno?

Se si pensa alle figure femminili che hanno dato un contributo significativo alla scienza nelle professioni STEM, si cita immediatamente Marie Curie, fisica due volte premio Nobel, che ha scoperto il radio e il polonio e che con i suoi studi sulla radioattività è stata la prima donna a ottenere una cattedra alla Sorbona.

Non si può dimenticare nemmeno Margherita Hack, scienziata italiana che ha lavorato nel campo dell'astrofisica, dedicandosi agli studi sugli spettri stellari, membro dei gruppi di lavoro dell'ESA e della NASA.

Però le figure femminili di scienza che hanno lasciato il segno nella storia del mondo sono anche quelle meno ricorrenti tra i nomi che si citano d’istinto. Basti pensare a Ada Lovelace, la figlia di Lord Byron e di Lady Anne Isabelle Milbanke, appassionata di matematica e astronomia.

Donne e stem: contro gli stereotipi diffusi

Dal 2009, il secondo martedì di ottobre si celebra l’Ada Lovelace Day, una giornata internazionale che commemora i risultati ottenuti nelle materie STEM dalle donne. Ada Lovelace è stata, infatti, una pioniera dell’informatica perché nel suo lavoro sulla macchina analitica di Babbage introdusse l’algoritmo abbozzando il concetto informatico oggi definito “iterazione” e “subroutine”. Ebbe anche l’idea di una macchina da riprogrammare che, senza limitarsi ai soli calcoli, fosse pronta per eseguire altri compiti da esprimere attraverso dei simboli.

E che dire di Judy Almeida, la scienziata che nonostante le ristrettezze economiche e i numerosi ostacoli con grande determinazione riuscì a seguire la sua vocazione scientifica? Negli anni Quaranta, Almeida pubblicò gli articoli sulle nuove strutture virali esaminate, utilizzando innovative tecniche di osservazione microscopica. Lavorò su importanti scoperte e ottenne la prima immagine di un coronavirus nella storia.

Sono solo alcune delle tante figure femminili che popolano il firmamento delle scienziate. Eppure, se domandi a uomini e donne chi ha trovato il gene responsabile del tumore al seno, come ha fatto OpinionWay nel sondaggio Donne e Scienza condotto per la Fondazione L’Oréal, il 55% pensa a un uomo, senza sapere che invece è stata la genetista Mary Claire King. Peggio ancora, se si chiede a chi va il merito di avere identificato il virus Hiv, il 66 per cento non sa nulla del Premio Nobel per la medicina 2008 valso all'immunologa Françoise Barré-Sinoussi per aver scoperto l'HIV con Luc Montagnier.

Quello che sorprende, o forse avvilisce, maggiormente è che queste risposte sessiste, come ha spiegato il presidente dell'istituto di sondaggi, sono condivise sia dagli uomini che dalle donne. Pare, purtroppo, che gli stereotipi siano radicati nella mentalità diffusa senza variazioni di genere.

Donne e stem: riconoscimento dei meriti

Che quello tra donne e Stem sia un connubio da sempre tormentato è una certezza. La carriera della brillante scienziata Rosalind Franklin, chimica e cristallografa a raggi X, ne è un esempio lampante. Quando nel 1951 entra nell'unità di ricerca in biofisica del King's college di Londra, usa le conoscenze di cristallografia per approfondire l'ambito della genetica. Nel 1952 riesce a ottenere alcune delle immagini più nitide della struttura completa del DNA eseguite fino ad allora e, grazie a questo successo, descrive la densità del DNA e stabilisce che le sue molecole sono organizzate in forma elicoidale. Purtroppo, si avvalsero della sua scoperta i colleghi James Watson e Francis Crick, che usarono le immagini e parte delle sue deduzioni per pubblicare l'articolo che ha poi rivelato la struttura del DNA: un polimero a doppia elica. Dieci anni dopo, solo loro due vinsero il Premio Nobel per la medicina.

Effetto Matilda: nel mondo delle scienze sono etichettati così i disequilibri di genere che cancellano il contributo delle donne. Un'espressione coniata dalla storica della scienza Margaret W. Rossiter a proposito dal lavoro di Matilda Joslyn Gage, attivista statunitense del XIX secolo e autrice del saggio intitolato Woman as an Inventor, in cui citava le donne che avevano fornito importanti contributi, mai riconosciuti, nel lavoro scientifico. Di recente l'Asociación de Mujeres Investigadoras y Tecnólogas (AMIT) ha lanciato l'iniziativa #nomorematildas, proprio per rivendicare i nomi di tante altre Matilde dimenticate dalla scienza.

Professioni Stem: una cultura da ribaltare

Secondo i dati di Eurostat, in Italia si laureano complessivamente pochi giovani, soprattutto se messi a confronto con i numeri degli altri Paesi europei. La quota dei laureati in materie scientifiche è molto distante dalla media europea. Nel 2021, in Italia la percentuale di 25-34enni laureati in un’area disciplinare STEM è stata pari al 24%, con un divario di genere molto forte: 33,7% uomini e 17,6% donne.

Nonostante in media tra i laureati ci sia una maggioranza femminile, con un rapporto di 60 a 40, secondo i dati Openpolis aggiornati al 2021, nelle materie STEM le donne continuano a essere in minoranza.

Secondo le Nazioni Unite il divario di genere nei settori STEM persiste in tutto il mondo. Per questo motivo l’11 febbraio di ogni anno si celebra la Giornata Internazionale delle Donne e delle Ragazze nella Scienza istituita nel 2015 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Il problema, secondo i dati raccolti dall’Uis Unesco, è che le donne in ambito STEM pubblicano meno, sono pagate meno per le loro ricerche e non fanno carriera tanto quanto gli uomini

Va anche detto che soprattutto nel nostro Paese, le materie scientifiche sono percepite come un mondo a sé riservato agli specialisti. Al contrario, quelle umanistiche figurano come parte della cultura generale diffusa e quindi più facilmente avvicinabile. A scuola se un ragazzo prende un’insufficienza in una materia scientifica è perché non ha studiato; se succede a una ragazza, invece, è perché non capisce. Si cresce con l’idea di non essere portate per le scienze fino a crederci. Agire sulla formazione e l’informazione è fondamentale, soprattutto per non perpetuare nel tempo convinzioni e pregiudizi che creano ostacoli difficili da superare. È l’effetto soffitto di cristallo, lo chiamano con una metafora efficace per spiegare il fenomeno che ostacola l’avanzamento di carriera nelle professioni Stem. Ci permette di visualizzare come una barriera invisibile ma coriacea, quel mix di errori di valutazione, meccanismi di discriminazione e dinamiche inconsapevoli di autoesclusione, che si frappone tra le donne e le posizioni apicali.

Le resistenze culturali sono le principali responsabili di questo soffitto di cristallo alla carriera femminile nelle professioni STEM e vanno combattute sin dai primi anni di scuola. Al liceo c’è ancora una certa parità tra la scelta di materie, ma è negli anni dell'adolescenza che si gioca la partita determinante. Perché con l’ingresso in università il solco ormai è scavato, ed è destinato a creare un divario più profondo tra donne e STEM. Tra i dati emersi dall'Osservatorio inDifesa di Terre des Hommes condotto su circa 2000 ragazze adolescenti dai 14 ai 26 anni, fa riflettere il fatto che il 53,96% ritenga che le scelte sugli studi futuri, la carriera, le ambizioni e le passioni siano limitate da stereotipi e retaggi maschilisti e che il luogo di lavoro risulti il più a rischio di discriminazione.

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