L’evoluzione dell'occupazione femminile in Italia

Quello dell'occupazione femminile in Italia è un tema caldo e complesso, soprattutto se messo a confronto con la situazione di altri Paesi europei. Come conferma il dossier del Servizio Studi della Camera dei Deputati, pubblicato a fine 2023, il tasso di occupazione nel nostro Paese è tra i più bassi dell'Unione Europea, attestandosi al 55% per le donne di età compresa tra i 20 e i 64 anni, ben al di sotto della media UE del 69,3%.

Negli ultimi decenni, infatti, l'Italia ha visto una crescita lenta e discontinua dell’occupazione femminile. Nonostante qualche progresso, il divario di genere nel mercato del lavoro rimane significativo, con circa 9,5 milioni di donne occupate rispetto al corrispettivo maschile di circa 13 milioni. C’è ancora molta strada da fare perché come vedremo in questo articolo, il futuro dell'occupazione femminile in Italia dipende da una combinazione di politiche efficaci, iniziative aziendali innovative e un impegno condiviso verso la parità di genere.

Le tendenze attuali dell’occupazione femminile in Italia

Le tendenze attuali mostrano un quadro complesso, ma in evoluzione per l'occupazione femminile italiana. Sebbene ci siano settori in crescita e nuove opportunità, permangono sfide significative legate alla tipologia di contratto e alla necessità di politiche che supportino la conciliazione tra lavoro e vita privata.

I settori che hanno visto un maggiore incremento dell'occupazione femminile in Italia sono i servizi di comunicazione e informazione, l'istruzione, la sanità e l'assistenza sociale. Le donne sono fortemente rappresentate soprattutto nelle professioni legate alla cura e all'istruzione con un tasso occupazionale che è cresciuto molto nei percorsi in infermieristica, assistenza sociale e insegnamento.

Il comparto tecnologico e delle start-up inizia a vedere un aumento della partecipazione femminile, grazie a iniziative mirate e programmi di formazione nelle discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica). Anche se il divario di genere rimane elevato, e molto va ancora fatto per incoraggiare l’equilibrio.

Il telelavoro e le politiche di flessibilità introdotte con la pandemia hanno avuto grande impatto sull’occupazione femminile in Italia. Il lavoro a distanza ha mostrato come la flessibilità possa essere una soluzione efficace per aumentare la partecipazione, permettendo alle donne di rimanere attive anche in presenza di impegni familiari.

I punti deboli dell’occupazione femminile in Italia

Il problema della disparità di genere si manifesta non solo a livello occupazionale, ma anche retributivo. Nel 2022, il salario medio annuo delle donne era inferiore di circa 7.922 euro rispetto a quello degli uomini, con un gap del 43% rispetto alla media europea del 36,2% .

Le donne sono spesso impiegate in settori meno remunerativi e con maggiore incidenza di contratti part-time (circa il 49% delle donne contro il 26,2% degli uomini) e precari. Questo fenomeno è legato anche alla necessità di conciliare lavoro e responsabilità familiari, problema accentuato dalla carenza di servizi pubblici di assistenza all'infanzia e domiciliare soprattutto nel Sud del Paese, dove infatti il tasso di occupazione femminile è inferiore rispetto al Nord.

Oltre al part-time, molte donne lavorano con contratti a tempo determinato, che offrono meno sicurezza e stabilità rispetto agli indeterminati. I contratti precari sono diffusi nei settori dei servizi e del commercio, dove la domanda di lavoro può variare stagionalmente. Ricordiamoci, però, che la stabilità occupazionale delle donne all'interno della coppia è diventata più decisiva per la formazione della famiglia. Se oggi si assiste al crollo demografico in Italia è colpa di una serie di fattori riconducibili alla precarietà del lavoro, a remunerazioni basse e a un sostegno pubblico limitato alle famiglie per quanto riguarda soprattutto i servizi: tutti elementi che rendono i figli un investimento costoso.

Un altro aspetto rilevante è la sotto-rappresentazione delle donne nelle discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica). Solo il 16,6% delle donne laureate ha una formazione in queste aree, contro il 34,5% degli uomini. Questo divario si traduce in minori opportunità lavorative in settori che offrono una maggiore crescita in termini occupazionali e remunerativi .

Le dinamiche che influenzano la partecipazione femminile

I meccanismi che incidono sulla partecipazione femminile al mercato del lavoro sono interconnessi. L'istruzione e la formazione, le reti di supporto professionali e le politiche di welfare lavorano sullo stesso fronte per promuovere un ambiente lavorativo più inclusivo ed equo.

L'istruzione e la formazione sono fattori chiave per l'occupazione femminile in Italia. Un elevato livello di istruzione è correlato a maggiori opportunità lavorative e salari più alti. Secondo i dati ISTAT, le donne con un titolo di studio universitario hanno tassi di occupazione superiori rispetto a quelle con un'istruzione inferiore . In particolare, le laureate in discipline STEM trovano lavoro più facilmente e in settori meglio remunerati. Ecco perché servono strategie e iniziative educative mirate a incoraggiare le ragazze a perseguire studi nelle discipline scientifiche. Programmi come borse di studio, stage in aziende tecnologiche e corsi di orientamento possono ridurre il divario di genere, fornendo alle giovani le competenze necessarie per entrare in un mercato sempre più orientato alla tecnologia e all'innovazione.

Altrettanto importanti sono i network professionali e i programmi di mentorship che aiutano a promuovere l'occupazione femminile in Italia. Attraverso queste reti, le donne possono accedere a risorse, consigli e opportunità di crescita professionale che altrimenti non sono facilmente disponibili. Associazioni e organizzazioni che offrono piattaforme di networking e mentorship forniscono, infatti, supporto e guida, aiutano le donne a costruire relazioni strategiche che possono facilitare avanzamenti di carriera e sviluppo professionale. Queste reti si rivelano sempre determinanti, soprattutto nei settori a prevalenza maschile, dove le donne possono sentirsi isolate. La presenza di modelli e mentor ispira fiducia e determinazione, mostrando alle donne che è possibile raggiungere posizioni di leadership e successo professionale.

Più di tutto, però, pesano le politiche di welfare che hanno un impatto significativo sulla partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Basti pensare che il motivo per cui le donne lasciano il lavoro nel 52% dei casi sono le cosiddette “esigenze di conciliazione”. Misure come il congedo parentale retribuito, l'assistenza all'infanzia accessibile e il supporto per la cura degli anziani facilitano la conciliazione tra lavoro e famiglia, riducendo il carico di lavoro non retribuito che spesso ricade sulle donne, come conferma il Rapporto Istat Sdgs 2023.

Prospettive sul futuro della occupazione femminile

Nonostante le sfide strutturali e demografiche, le proiezioni sembrano più rosee. Secondo le stime di Unioncamere e ANPAL, settori come i servizi alle imprese, il turismo e le industrie manifatturiere sono destinati a crescere, con nuove assunzioni previste per il 2024 e il 2025. Il settore dei servizi alle imprese prevede oltre 1,3 milioni di nuove assunzioni, mentre il turismo potrebbe aggiungere circa 1,1 milioni di posti di lavoro.

Va detto però che ci sono altri nodi da sciogliere. In una situazione dove la differenza tra buste paga e inflazione degli ultimi tre anni ha portato al progressivo impoverimento dei dipendenti italiani, e dove gli stipendi negli ultimi 30 anni sono saliti dell'1% contro il 32,5% della media Ocse, il Gender Pay Gap a sfavore delle donne, è ancora più allarmante con una differenza salariale annua compresa tra i 3.000 ai 13.000 euro.

A questo, si aggiunge anche il problema dell'accesso alle posizioni dirigenziali limitato, e quello della diffusione di lavori precari e a tempo parziale. Come abbiamo accennato, anche il calo demografico rappresenta una sfida importante perché per invertire rotta è necessario offrire stabilità economica e lavorativa. Le politiche attive dovranno tenere conto di questi aspetti per promuovere un'occupazione stabile e sostenibile per le donne . Il rapporto della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro rileva infatti che attualmente l'occupazione femminile cresce soprattutto nelle fasce giovanili e tra le donne over 55, quelle cioè che non devono ancora o non devono più conciliare lavoro e genitorialità.

In Italia, il PNRR include investimenti per potenziare i servizi di assistenza domiciliare e aumentare i posti negli asili nido, piccoli interventi per ridurre gli ostacoli che impediscono una maggiore occupazione femminile .

Politiche come il Fondo per l'Imprenditoria Femminile offrono sostegno finanziario e formazione alle donne per avviare un'attività, contribuendo a incrementare l'occupazione femminile e a ridurre il divario di genere anche in settori considerati maschili. Mentre, a livello europeo, la Direttiva 2023/970 per la parità retributiva mira a ridurre le disparità salariali attraverso obblighi di trasparenza per i datori di lavoro.

Questo ancora non basta. Per promuovere efficacemente l'occupazione femminile, sono necessarie azioni concertate a livello politico, aziendale e individuale. Sul fronte aziendale è bene adottare la flessibilità lavorativa e il telelavoro per facilitare la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro, promuovere una cultura aziendale inclusiva che valorizzi la diversità di genere, implementare programmi di mentoring e networking per supportare lo sviluppo professionale delle donne.

Ed è anche necessario agire individualmente: partecipare a reti di supporto professionali e programmi di mentoring per accedere a opportunità di crescita e sviluppo; investire nella formazione continua, in particolare nelle discipline STEM e nelle competenze digitali, per aumentare la competitività nel mercato del lavoro; promuovere la parità di genere nelle proprie comunità e luoghi di lavoro, sensibilizzando sugli effetti positivi di una maggiore inclusione.

Solo attraverso un approccio integrato sarà possibile superare le sfide esistenti e creare un mercato del lavoro più equo, inclusivo e più soddisfacente per tutti.

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