Quali strategie adottare per un reclutamento a sostegno dell'inclusione in azienda
Ragione etiche, organizzative e di business hanno portato in primo piano negli ultimi anni la questione della diversità e dell'inclusione lavorativa nelle aziende. La nuova sfida per le imprese al passo con i tempi, che vogliono attrarre talenti, trattenere quelli più promettenti e guadagnare in termini di profitto e di immagine, è trovare la strategia adatta a motivare e gestire una popolazione diversificata.
Comunemente riassunte nell’acronimo DEI (Diversity, Equity & Inclusion), diversità e inclusione in azienda sono obiettivi e allo stesso tempo risorse possono produrre una maggiore innovazione, produttività e competitività sul mercato. Non sono solo traguardi etici o normativi da perseguire. Vediamo quali percorsi intraprendere per trasformare i propositi in realtà.
Diversità e inclusione in azienda: come si concretizzano?
L’inclusione lavorativa si riferisce alla creazione di un ambiente in cui ogni individuo si sente valorizzato, rispettato e in grado di contribuire pienamente alle attività aziendali, indipendentemente dalle proprie caratteristiche personali, come genere, etnia, età, orientamento sessuale, identità di genere, disabilità, background culturale o religioso. L'inclusione va oltre la semplice tolleranza o accettazione delle differenze; si tratta di promuovere un senso di appartenenza e di partecipazione attiva di tutti i membri dell'organizzazione.
La diversità in azienda, d'altra parte, riguarda la presenza effettiva di una varietà di caratteristiche personali, esperienze e prospettive all'interno del personale aziendale. Una forza lavoro diversificata può arricchire l'ambiente lavorativo con nuove idee, soluzioni creative ai problemi e approcci innovativi che possono stimolare la crescita e lo sviluppo aziendale.
Il pensiero alla base è che ogni dipendente porta in dote pensieri, convinzioni e idee uniche, contribuendo a creare una ricchezza di punti di vista all’interno di un’organizzazione.
In questo scenario, l’azienda dovrebbe promuovere una cultura di inclusione in cui i dipendenti di tutte le età, le etnie e il genere si sentano valorizzati e rispettati. Ciò può essere fatto attraverso programmi di formazione sulla diversità, workshop sull’uguaglianza e la promozione di discussioni aperte su questi temi.
Benefici dell'inclusione lavorativa
Sono numerose le ricerche che sottolineano come l'inclusione lavorativa e la diversità in azienda si traducono in benefici tangibili: le imprese con politiche di inclusione e diversità tendono a superare in termini di performance finanziaria e innovazione, quelle che non lo fanno. Risultano più agili e meglio attrezzate per navigare in mercati in rapida evoluzione.
Dallo studio del Boston Consulting Group è risultato che le aziende con team multigenerazionali e senza barriere di genere godono, in media, di un aumento dei ricavi del 19% rispetto alle controparti meno diversificate, evidenziando come un ambiente lavorativo inclusivo contribuisce alla crescita e al successo aziendale.
Secondo McKinsey, infatti, i dipendenti che si sentono inclusi all’interno della propria organizzazione hanno circa tre volte più probabilità rispetto agli altri colleghi di affrontare con entusiasmo e impegno le missioni dell’organizzazione. E si sa che la diversità di prospettive e di esperienze genera idee innovative e soluzioni creative ai problemi. Pertanto, non stupisce che le aziende attive nell’adozione di politiche di inclusione e diversità tendano a superare quelle che non lo fanno anche in termini di attrattiva per i talenti e di innovazione. Un ambiente lavorativo inclusivo e rispettoso delle differenze attira un pool più ampio di candidati e contribuisce a ridurre il turnover del personale. Anche perché soprattutto le generazioni più giovani danno grande valore alla cultura aziendale e alla diversità.
Essere riconosciuti come un’azienda inclusiva e socialmente responsabile può quindi migliorare significativamente l'immagine del brand, attrarre clienti e partner commerciali oltre ad aumentare il valore del marchio.
Sostenere l'inclusione per facilitare il recruiting
Gli studi evidenziano che gli ambienti di lavoro dove c’è una maggiore inclusione ottengono risultati migliori e hanno dipendenti più felici. E la maggioranza dei manager concorda nell’affermare che i programmi di formazione del personale incentrati su diversità e sull’inclusione in azienda possono aiutare a stimolare la crescita e a offrire un vantaggio competitivo a lungo termine. Bisogna lavorare di più e meglio su comunicazione e cultura aziendale per avere un naturale approccio più inclusivo: usare un linguaggio neutrale rispetto al genere, evitare argomenti che esulano dalle competenze professionali o domande discriminatorie. Età e genere non dovrebbero comparire negli annunci di lavoro, come dice chiaramente la Legge sulle Pari Opportunità, e le descrizioni dovrebbero esser chiare ma neutre così da mettere a proprio agio tutti i candidati. Secondi i dati Istat il colloquio di lavoro è, per esempio, il primo scoglio: il 57,7% degli intervistati ricorda almeno un evento di discriminazione, e il 12,6% dichiara di non essersi presentato ostilità al proprio orientamento sessuale.
Per sostenere il processo di recruiting, bisogna implementare politiche e pratiche che promuovano l'inclusione a tutti i livelli dell'organizzazione aziendale. Ciò significa pianificare programmi di mentoring, di formazione continua, politiche lavorative inclusive e iniziative di sensibilizzazione. Creare una cultura aziendale che valorizza la diversità e promuove l'inclusione migliora il benessere dei dipendenti, aumenta l'innovazione e la produttività aziendale e favorisce il successo delle operazioni di recruiting. Per migliorare le strategie di recruiting è anche opportuno raccogliere feedback tra i diversi dipendenti e in modo da identificare eventuali aree di miglioramento. Un’azienda aperta a ricevere critiche costruttive e pronta ad attuare misure correttive ha sui dipendenti un impatto positivo che si diffonde come un’onda.
Iniziative per l’integrazione delle donne rifugiate e vittime di violenza
L’inclusione nel lavoro ha risvolti sociali impattanti. Serve il lavoro per uscire da un percorso di violenza, serve per l’indipendenza economica che è la chiave per sfuggire da un compagno violento e per l’autodeterminazione della donna che ne è vittima. L’indipendenza economica è la prima leva di libertà, ma gli strumenti di supporto per ora sono ancora frammentari perché legati principalmente a iniziative di realtà locali e quindi insufficienti. Siamo ancora lontani da quelle politiche integrate e strutturali che coinvolgono tutti i Ministeri e gli uffici competenti in modo da aiutare concretamente le donne vittime di violenza a cogliere le opportunità lavorative, con programmi di formazione e di inserimento, per trovare la libertà.
Anche il sostegno alle donne rifugiate rappresenta una sfida e un'opportunità significative nel contesto della promozione dei valori di diversità e inclusione in azienda. Si tratta di donne che affrontano barriere fatte di diversi ostacoli, di tipo linguistico, di assenza di reti di supporto, di bagaglio di esperienze traumatiche. Donne che a volte non hanno una preparazione specifica e in altri casi, invece, hanno alle spalle studi che, però, nel nostro Paese non sono riconosciuti. L'integrazione di queste donne nel mondo del lavoro facilita il loro percorso verso l'autonomia e arricchisce ogni impresa con nuove prospettive e competenze. Ecco perché è necessaria una collaborazione tra il privato e le diverse istituzioni coinvolte nell’accoglienza delle donne rifugiate beneficiarie di protezione internazionale e nel sostegno delle donne vittime della violenza, così da realizzare percorsi di integrazione condivisi e partecipativi. L’UNHCR, per esempio, dal 2017, assegna un riconoscimento alle aziende che in Italia si impegnano nei processi d’integrazione lavorativa dei beneficiari di protezione internazionale.
Esempi di aziende e iniziative in Italia
Nel nostro Paese, diverse aziende e organizzazioni hanno riconosciuto l'importanza di implementare programmi di inclusione per donne rifugiate. Mediobanca, ad esempio, aderisce al programma UNHCR per la protezione delle donne rifugiate e richiedenti asilo a rischio di violenza di genere, dimostrando un impegno significativo nel settore finanziario verso l'inclusione sociale. Allo stesso modo, Cirfood, impresa di ristorazione collettiva, ha aderito a un progetto di inclusione e inserimento lavorativo di donne rifugiate, offrendo formazione e opportunità di lavoro.
Si rivolge invece alle donne vittime di violenza No Violence Project, promosso da American Express in collaborazione con Cadmi (Casa di accoglienza delle donne maltrattate di Milano) per accrescere la consapevolezza sul tema della violenza sulle donne e fornire supporto a colleghe, colleghi e alle loro famiglie. Con l'aiuto di American Express, Cadmi ha provveduto al supporto psicologico delle donne vittime di violenza domestica, alcune sono state accolte nelle case rifugio e altre sono state coinvolte in percorsi formativi volti a fornire nuove competenze e a rientrare nel mondo del lavoro.
In conclusione, promuovere l'inclusione lavorativa, che abbraccia anche donne rifugiate e donne vittime di violenza, rappresenta un'opportunità per le aziende di arricchire la propria forza lavoro e contribuire a una società più giusta e inclusiva. Attraverso il recruiting e il sostegno continuo all'inclusione, le organizzazioni possono trasformarsi in ambienti in cui ogni individuo ha la possibilità di eccellere e contribuire al successo collettivo.