Quote rosa: una guida alla parità di genere e al cambiamento

Definire le quote rosa una “questione femminile”, come spesso accade, è riduttivo oltre che profondamente scorretto. Gli effetti della disuguaglianza di genere toccano la nostra società su diversi piani: culturale, economico, sociale e lavorativo. E gli stereotipi di genere producono effetti negativi sugli uomini e sulle donne, indistintamente, perché perpetuano la cultura patriarcale e impediscono pari opportunità. Ecco perché raggiungere l'uguaglianza di genere e l’emancipazione di tutte le donne e le ragazze è uno dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile che entro il 2030 tutti i Paesi membri dell’ONU hanno promesso di realizzare.  

Parità di opportunità tra donne e uomini nello sviluppo economico, eliminazione di ogni forma di violenza compresi i matrimoni forzati e precoci, e uguaglianza di diritti con la garanzia della piena partecipazione femminile e pari opportunità di Leadership a ogni livello decisionale in ambito politico, economico e della vita pubblica sono i temi che si riassumono nel Goal 5. In quest’ottica, le quote rosa si confermano uno strumento di funzione propulsiva dei cambiamenti socioculturali, per abbattere i muri della discriminazione e portare la parità di genere a tutti i livelli e in ogni ambito.

Che cosa sono le quote rosa

Il termine “quote rosa", ormai radicato nel tessuto sociopolitico italiano, fa riferimento a una strategia di azione che vuole garantire la rappresentanza minima delle donne in ambito lavorativo e decisionale. In Italia, come in molti altri Paesi, le quote rosa sono diventate uno strumento cruciale per contrastare la disparità di genere, con il fine di promuovere una società più inclusiva e giusta. Il 28 giugno 2011 è stata la data che ha segnato la svolta. Dopo una lunga battaglia, dentro e fuori il Parlamento, la legge 120 ha introdotto nel nostro Paese le quote di genere che stabiliscono una obbligatoria percentuale di presenza per favorire la rappresentanza paritaria dei generi e impedire che le donne siano sottorappresentate rispetto agli uomini. Ecco perché le quote di genere sono state ribattezzate “rosa”.  

Per quanto ci sia ancora molto da lavorare, la normativa ha comunque prodotto subito i primi effetti benefici. Con l’approvazione della legge Golfo Mosca, che ha imposto alle società quotate in borsa e alle aziende pubbliche di annettere nel board almeno un quinto del genere meno rappresentato, la presenza femminile nei Cda delle società quotate e controllate dalla PA passò dal 7,4% del 2011 al 17,1% del 2013.

Successivamente, la quota è stata innalzata. Oggi, con la Direttiva 2022/2381, Women on boards, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale UE, per garantire l’equilibrio di genere nei Consigli di amministrazione delle società quotate, si chiede che entro il 30 giugno 2026 si raggiunga almeno uno dei seguenti obiettivi: il genere sottorappresentato dovrà occupare almeno il 40% dei posti di amministratore senza incarichi esecutivi o almeno il 33% di tutte le posizioni di amministratore.

Questa politica, nata dalla necessità di correggere la sproporzione storica che ha visto le donne emarginate dai ruoli di potere e decisionali, comincia a dare i suoi frutti su larga scala. Ma è importante continuare a concentrarsi sull’applicazione delle quote rosa, intese come un meccanismo di correzione, necessario fino a quando la parità di genere non sarà diventata un automatismo, una realtà consolidata. Come ha sottolineato nelle sue Paper sul Gender Gap Claudia Goldin, premio Nobel 2023 per l’Economia, le donne hanno segnato grandi vittorie negli anni di maggiore coesione femminile. Superate le conquiste ottenute a cavallo degli anni Sessanta e Settanta, molte hanno abbandonato il movimento. Mentre l’incisività e l’unione femminile sono requisiti fondamentali per raggiungere altri successi nella battaglia contro la disparità di genere.

Perché incentivare le quote rosa

La nostra società si è sviluppata secondo la cultura patriarcale, che favorisce la dominazione maschile nelle sfere sociali, politiche ed economiche, ed è permeata da pregiudizi e consuetudini che rappresentano un ostacolo significativo all'equità di genere. Le quote rosa sono uno strumento potente che può arginare questa cultura poiché promuove la partecipazione delle donne in aree tradizionalmente dominate dagli uomini. Permettendo una presenza femminile visibile, le quote rosa sfidano stereotipi di genere e strutture di potere patriarcali, per creare una società più egualitaria.

La capacità delle donne di prendere decisioni autonome sulla loro carriera, salute, e vita personale viene spesso compromessa da norme sociali restrittive e mancanza di rappresentanza. Le quote rosa possono modificare lo status quo, assicurando un posto al tavolo delle decisioni e influenzare le politiche che riguardano le loro vite.

Le quota rosa non sono e non vanno considerate come la bacchetta magica che abbatte tutti gli ostacoli alle pari opportunità, ma possono dare a ogni donna l’accesso a ruoli di Leadership indispensabili per attuare i cambiamenti necessari ad abbattere ogni forma di disparità di genere.

La disparità di genere: una posizione di potere

Le disparità di genere nel mondo del lavoro e nelle posizioni di potere è il risultato di secoli di disuguaglianze radicate che hanno visto le donne escluse dai ruoli di comando a causa di discriminazioni sistemiche e mancanza di opportunità educative e professionali. Questa discriminazione ha creato un circolo vizioso, dove l'assenza di donne in posizioni di potere perpetua stereotipi e norme di genere dannose, impedisce la nascita di modelli che possono ispirare le nuove generazioni.

Nonostante l'evoluzione delle norme sociali e l'istituzione di leggi per la parità di genere e l’introduzione delle quote rosa, le donne in Italia rappresentano solo un terzo dei membri del Parlamento italiano. A livello europeo, la situazione migliora ma è ancora lontana dalla parità. Dai dati pubblicati dal Parlamento Europeo, le donne costituiscono circa il 41% dei suoi membri. Numero che, sebbene sia un segnale di progresso, evidenzia la disparità di genere ancora esistente nelle posizioni di potere politico. Globalmente, il dato si fa ancora più evidente. Dai numeri forniti dalle Nazioni Unite, emerge che solo il 25.5% dei parlamentari nazionali erano donne nel 2021, e meno del 10% dei leader mondiali erano donne.

Disparità di genere: Italia vs Europa

Dai dati elaborati da Gender Equality Index, indicatore sull’eguaglianza di genere sviluppato da EIGE (European institute for Gender Equality) che misura le differenze in termini di occupazione, gestione del tempo, risorse economiche, conoscenza, salute e potere, l’Italia raggiunge solo la posizione 14, collocandosi dietro ad altri 13 dei 27 Stati membri dell’Ue.

Secondo le indagini, la percentuale di donne in posizioni dirigenziali e nei consigli di amministrazione continua a essere più bassa rispetto a quella degli uomini.

Dal rapporto di Asvis, associazione che si occupa di monitorare il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu, presentato in occasione del Festival dello sviluppo sostenibile 2023, l’integrazione delle donne nelle posizioni apicali è ancora lontana. Le amministratrici delegate e direttrici generali nei settori produttivi non raggiungono nemmeno il 7% del totale. Diversamente, dove sono state introdotte le troppo spesso sottovalutate quote rosa la percentuale si alza portando al 39% la presenza femminile nelle società quotate e partecipate italiane.

Quote rosa: uno strumento da potenziare

Storicamente, le donne hanno affrontato innumerevoli sfide e ostacoli che limitavano il loro accesso all'istruzione, al lavoro dignitoso e alla partecipazione alla vita pubblica. Queste barriere sono il risultato di strutture sociali, economiche e culturali che perpetuano la disparità di genere. Oggi le quote rosa, garantendo alle donne una rappresentanza in posizioni di potere e decisionali, contribuiscono invece a cambiare queste strutture, assicurando che le esigenze e le prospettive di ogni donna possano essere considerate e rispettate.

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