Contrastare il mobbing femminile: strategie e supporto
Le molestie sul lavoro, la discriminazione e il mobbing sono un fenomeno largamente diffuso in tutti i Paesi. Ma è soprattutto la condizione femminile nel mondo del lavoro quella più critica, perché il mobbing sulle donne passa anche attraverso elevati livelli di molestie e discriminazione di genere. Quindi, oltre alla purtroppo ben nota discriminazione a livello economico e professionale, che vede le donne con un retribuzione inferiore rispetto ai colleghi uomini a parità di ruolo e responsabilità, si aggiungono le molestie sul lavoro.
Si calcola che circa il 9 per cento delle lavoratrici in Italia abbia subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro nel corso della vita lavorativa. E i dati emersi dalla survey LEI 2024, condotta dalla fondazione Libellula su un campione di 11.201 donne dipendenti, raccontano anche qualcosa di più.
L’indagine rivela che il 40% delle donne intervistate ha subito contatti fisici indesiderati sul posto di lavoro e che il 43% è stata oggetto di avance esplicite indesiderate. Quasi 7 donne su 10 hanno ricevuto complimenti inappropriati o allusioni sessuali, e una percentuale simile ha dovuto subire battute sessiste. Per completare il quadro della discriminazione di genere, dalla survey emerge che il 65% delle donne viene considerata "aggressiva" se dimostra ambizione o assertività, e che 6 donne su 10 percepiscono lo stereotipo della donna in carriera che raggiunge gli obiettivi usando meccanismi seduttivi.
La discriminazione di genere non abbandona nemmeno i piani alti delle aziende. Dal sondaggio emerge che le donne al vertice subiscono, infatti, situazioni di violenza su larga scala: il 47% delle donne dirigenti e il 54% delle imprenditrici sono state vittime di contatti fisici indesiderati. E se il 70% delle imprenditrici dichiara di subire interruzioni quando parla in riunione, il 64% sente di non poter parlare liberamente delle proprie responsabilità familiari e di cura.
Questi dati evidenziano che l'ambiente lavorativo è ancora fortemente segnato da una cultura arretrata, intrisa di stereotipi, che si traduce in comportamenti inappropriati verso le donne.
Le due facce del mobbing sul posto di lavoro
Il fenomeno del mobbing può assumere diverse forme a seconda della direzione da cui proviene e delle dinamiche coinvolte. Le due principali tipologie di mobbing, orizzontale e verticale, si distinguono per il tipo di relazione tra chi subisce e chi attua comportamenti vessatori.
Il mobbing verticale si verifica quando proviene da un superiore: il capo o il dirigente esercita il proprio potere per sminuire, isolare o sabotare la carriera di una dipendente. Questo tipo di mobbing è spesso alimentato da dinamiche di abuso di potere, favoritismi o addirittura da obiettivi di rimozione del dipendente. Tra gli esempi di mobbing verticale ci sono l’assegnazione di compiti impossibili da eseguire, la negazione di opportunità di crescita professionale che spesso nasconde la discriminazione di genere, o il tentativo di minare la fiducia della lavoratrice nelle proprie capacità.
Il mobbing orizzontale, invece, avviene tra colleghi dello stesso livello gerarchico. Non si basa su una relazione di potere, ma su dinamiche di competizione, invidia o stereotipi di genere. Può manifestarsi attraverso azioni di esclusione sociale, sabotaggio del lavoro altrui, tentativi di screditare di fronte agli altri membri del team. Spesso, in contesti dove la presenza femminile è limitata o competitiva, le donne possono diventare bersaglio di queste dinamiche di discriminazione di genere o anche oggetto di molestie sul lavoro. Il mobbing orizzontale è subdolo e talvolta difficile da individuare, poiché si maschera con atteggiamenti passivi-aggressivi o sottili sabotaggi.
Entrambi contribuiscono a creare un ambiente di lavoro tossico, che danneggia la vittima, la produttività e il benessere dell'intera organizzazione.
Quanto costano alle aziende le molestie sul lavoro
Lo dice la legge: l'articolo 2087 del codice civile obbliga i datori di lavoro a garantire un ambiente lavorativo che tuteli l'integrità e la dignità dei lavoratori, anche attraverso iniziative preventive concordate con i sindacati. I luoghi di lavoro dovrebbero promuovere relazioni interpersonali basate su uguaglianza e rispetto reciproco. Per ragioni etiche, per motivi di convenienza e anche per le ripercussioni economiche, le aziende hanno, quindi, una grande responsabilità nel creare ambienti di lavoro liberi da molestie, discriminazioni di genere o dal mobbing femminile.
Secondo uno studio dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro, le molestie e la violenza sul lavoro costano alle imprese globalmente circa 1,5 trilioni di dollari all'anno in termini di produttività persa. Tutti i comportamenti lesivi della dignità personale che vengono attuati con il mobbing sulle donne e le molestie sul lavoro producono un danno non solo alle vittime della discriminazione di genere, ma anche all’impresa. Le organizzazioni coinvolte in casi di mobbing rischiano, infatti, pesanti sanzioni legali e danni reputazionali. Perché l’impatto negativo si riflette sull'intera organizzazione, portando a un aumento dell'assenteismo, una diminuzione della produttività e un alto turnover del personale.
Per contrastare efficacemente questo fenomeno, le imprese devono implementare politiche di "tolleranza zero", attivare canali di denuncia riservati, fornire formazione specifica ai dipendenti e creare una cultura aziendale inclusiva e rispettosa. Investire nella prevenzione del mobbing femminile e promuovere una cultura inclusiva non è solo eticamente corretto, ma rappresenta anche una strategia vincente per migliorare il clima aziendale, aumentare la produttività e attrarre i migliori talenti.
Come si manifesta il mobbing sulle donne
I dati sul mobbing in Italia sono in crescita. Dalla ricerca Aidp, l’associazione italiana per la direzione del personale emerge che per quasi la metà degli intervistati (dirigenti delle risorse umane e del personale) si tratta di eventi tutt’altro che sporadici. E il mobbing colpisce più frequentemente le donne e giovani rispetto agli uomini: sono donne il 40% delle vittime. Il 50% delle donne vittime del mobbing orizzontale (da colleghi) lo subisce per violazione del diritto alla parità di genere e alla diversità culturale. Le tipologie di attacchi più comuni vanno dai commenti sessisti che svalutano la posizione o il valore professionale alle osservazioni critiche immotivate sulle capacità lavorative, da molestie e attenzioni sessuali non desiderate alla discriminazione di genere legata a maternità e gestione familiare.
Come riconoscere il mobbing: segnali da non ignorare
Riconoscere il mobbing sul lavoro non è sempre facile, poiché può nascondersi dietro a comportamenti subdoli. Ci sono, comunque, alcuni segnali chiari che aiutano a identificare una situazione di mobbing prima che diventi insostenibile.
Tra i primi campanelli d’allarme del mobbing ci sono le critiche costanti, ingiustificate e sproporzionate rispetto al lavoro svolto, che mirano a sminuire le competenze e il valore della persona. Un altro segnale è l'isolamento deliberato: la lavoratrice viene esclusa da riunioni importanti, decisioni di team o progetti strategici, perdendo così opportunità di crescita professionale. Può inoltre ricevere incarichi irrilevanti o, al contrario, eccessivi rispetto ai colleghi, per minare la sua autostima o sovraccaricarla di lavoro. Chi subisce mobbing può anche essere vittima di comportamenti manipolatori, come il sabotaggio delle proprie attività lavorative, come la rimozione di informazioni necessarie per svolgere correttamente i propri compiti.
Esempi di mobbing sulle donne
Un esempio tipico di mobbing è quello di una donna che, dopo un periodo di successo professionale, viene esclusa dai processi decisionali o privata di responsabilità senza spiegazioni plausibili. Un altro caso frequente avviene al rientro da un congedo di maternità: la dipendente viene marginalizzata o retrocessa a compiti meno rilevanti rispetto a quelli precedenti.
Riconoscere questi segnali, sia comportamentali che emotivi, è fondamentale per reagire prima che la situazione si aggravi. Se si notano metodi ricorrenti di svalutazione, esclusione o pressioni eccessive, invece di ignorarli, bisogna documentarli e cercare supporto, in modo da poter intervenire in maniera efficace e tempestiva.
h2: Il mobbing riduce il benessere lavorativo
Gli effetti del mobbing sulle donne non si limitano solo all’ambito lavorativo, ma hanno un impatto diretto anche sulla salute psicofisica. Attualmente il mobbing viene considerato una delle principali cause della riduzione del benessere lavorativo a livello mondiale, che provoca nelle vittime problemi di salute mentale e influenzare il decorso di malattie importanti come quelle cardiovascolari e il diabete. Chi ne è vittima può sperimentare sintomi di stress cronico, ansia, insonnia e, nei casi più gravi, sviluppare depressione o disturbi psicosomatici come mal di testa, dolori muscolari e affaticamento cronico. Il continuo senso di inadeguatezza e il deterioramento dell'autostima possono influire negativamente sia sulla vita professionale sia su quella personale. È comune che chi subisce mobbing si senta isolato, non compreso dai colleghi, e che questo porti a un progressivo distacco dall'ambiente di lavoro, con conseguente rischio di burnout o di assenteismo prolungato.
Cosa dice la legge su mobbing e molestie
La Convenzione dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) del 2021, in vigore in Italia dal 29 ottobre 2022, definisce la "violenza e molestie nel mondo del lavoro" come un insieme di comportamenti inaccettabili che possono causare danni fisici, psicologici, sessuali o economici. Questi includono atti singoli o ripetuti (mobbing) che colpiscono le persone in base al genere. Liliana Ocmin dell'Inas Cisl nazionale ha dichiarato che le molestie sessuali sono un illecito che viola molteplici diritti, tra cui la libertà personale e sessuale, la dignità umana e l'integrità psico-fisica.
In caso di molestie, le vittime se non trovano supporto all’ufficio Risorse Umane aziendale possono sporgere denuncia all'ispettorato del lavoro, alle organizzazioni sindacali o intraprendere un'azione penale.
Le responsabilità dell’azienda in caso di mobbing e molestie sul lavoro
Forse non tutti se lo ricordano, ma un caso di molestie sessuali che ha fatto parecchio scalpore è accaduto qualche anno fa in casa Microsoft negli Stati Uniti. L’azienda è stata condannata nel 2018 a pagare 2 milioni di dollari per mobbing sul posto di lavoro. Un dipendente aveva subito ritorsioni e un ambiente di lavoro ostile dopo aver interrotto una relazione con una collega diventata poi sua superiore. Il giudice ha ritenuto Microsoft colpevole di "aver agito con malizia e indifferenza sconsiderata" in un programma organizzato di ritorsioni d'ufficio contro Mercieca.
Questo caso eclatante ci ricorda che le molestie non si limitano alle iniziali avances sessuali indesiderate, perché anche i comportamenti successivi all'accettazione o al rifiuto di avance può essere considerato molestia sul lavoro. Per un’azienda è importante prestare attenzione e non sottovalutare la comparsa dei primi segnali perché potrebbe essere ritenuta indirettamente responsabile per le azioni dei dipendenti.
Le molestie sul posto di lavoro spesso implicano dinamiche che evidenziano una cultura aziendale che sottovaluta il peso di comportamenti inappropriati, a torto ritenuti tollerabili. Nel caso Bratt contro JGQC Solicitors Limited, in Gran Bretagna, riportato da The Law Society, una giovane segretaria dopo avere subito continui commenti sul suo aspetto e l'uso di un linguaggio offensivo con connotazioni sessuali si è dimessa e ha citato lo studio legale per molestie sul lavoro. Inutile dire che la tesi della difesa basata “sull’innocuo” scambio di battute in ufficio non ha avuto alcuna presa sulla Corte. Che, invece, ha sottolineato come i commenti fatti in modo superficiale o spensierato possono comunque essere considerati una condotta indesiderata di natura sessuale.
Questo esempio mostra come le molestie sessuali possono essere frutto di una cultura aziendale in cui atteggiamenti tollerati da alcuni dipendenti rimangono indesiderati da altri. Sta ai datori di lavoro promuovere l'importanza di mantenere un ambiente di lavoro professionale e rispettoso. Ed è altrettanto importante che chi riveste un ruolo di responsabilità vagli con attenzione ogni accusa di molestie sul lavoro, indipendentemente dal fatto che la condotta sia percepita come uno scherzo da alcuni dipendenti.
Cosa possono fare le aziende
Promuovere una cultura aziendale che rispetti tutti i lavoratori senza discriminazione di genere e che non tolleri comportamenti inappropriati è fondamentale per tutelare i dipendenti dalle molestie sul lavoro ed evitare casi di mobbing. I datori di lavoro devono assicurarsi di avere politiche e formazione solide per prevenire le molestie e devono condurre indagini imparziali e approfondite quando sorgono reclami per mobbing o discriminazioni. Per un’azienda è fondamentale assicurarsi che la propria forza lavoro sia adeguatamente formata su cosa costituisce molestia sessuale. Dirigenti e dipendenti devono essere consapevoli che se le azioni e i commenti inopportuni, indipendentemente dalle intenzioni, creano un ambiente ostile, intimidatorio o offensivo, possono comunque costituire mobbing o molestia sul lavoro.
Mobbing in Italia: sfide ancora aperte
Il contrasto al mobbing in Italia inizia ad affermarsi, anche se con una certa reticenza persino a parlarne da parte delle aziende. Da un lato c’è spesso mancanza di consapevolezza e formazione, dall’altro una oggettiva difficoltà nel monitorare i comportamenti sul posto di lavoro. Oltre a questo, si aggiunge la necessità di norme chiare che specifichino cosa rientra nella casistica specifica in modo che aziende e lavoratori abbiano dei riferimenti puntuali entro cui muoversi.
Le organizzazioni, che cercano di stare alla larga da eventuali associazioni al fenomeno, da oggi devono tenere conto di nuovi riferimenti giuridici che incidono in modo importante su ciò che può considerarsi vessazione o conflittualità nell’ambiente di lavoro. In particolare, la sentenza del 12 febbraio 2024 della Corte di Cassazione cambia prospettiva rispetto all’approccio precedente e amplia le tutele in favore dei lavoratori:
“è illegittimo che il datore di lavoro consenta, anche colposamente, il mantenersi di un ambiente stressogeno fonte di danno alla salute dei lavoratori, lungo la falsariga della responsabilità colposa del datore di lavoro che indebitamente tolleri l’esistenza di una condizione di lavoro lesiva della salute.”
Fino a poco tempo fa, invece, se non c’era una dinamica persecutoria dimostrata, gli eventuali problemi nell’ambiente di lavoro che potessero ledere la salute - anche se colpevolmente ignorati dal datore di lavoro - non erano considerati mobbing.
Un importante passo avanti volto a promuovere il benessere dei lavoratori a tutti i livelli aziendali che può e deve continuare. Certo, si tratta di un percorso che richiede un cambiamento culturale profondo e un impegno sistematico per creare spazi di lavoro più equi e rispettosi, liberi dal mobbing.