Che cos'è il divario salariale di genere e come cercare di ridurlo
Il Gender Pay Gap, noto anche come divario salariale di genere, rappresenta una delle sfide più persistenti e complesse nell'ambito dell'uguaglianza di genere. Nonostante i progressi degli ultimi decenni, la disparità salariale tra uomini e donne continua a essere significativa sia in Italia che in Europa. Questa ingiustizia sociale influenza la qualità della vita delle donne e la crescita economica complessiva. Comprendere le origini e le cause del divario salariale di genere è fondamentale per ridurre questa disparità e raggiungere una vera uguaglianza di genere anche nei salari tra donne e uomini.
I numeri del divario retributivo di genere nell’UE
Secondo i dati dell’Unione Europea, le donne guadagnano in media quasi il 12,7% in meno all’ora rispetto agli uomini, con il maggiore in Estonia (20,5%) e il Lussemburgo come unico stato che ha colmato il Gender Pay Gap. Nel panorama europeo, l’Italia si assesta con il 5%, dato che racchiude variazioni marcate tra i diversi settori e regioni del Paese. Il divario retributivo di genere è infatti particolarmente evidente negli ambiti della tecnologia e della finanza, mentre altri settori come la pubblica amministrazione e l'istruzione, mostrano differenze meno pronunciate.
Il diritto alla parità di genere anche sul lavoro
Il Gender Pay Gap in Italia affonda le radici in secoli di discriminazione sistematica che, fin dall'antichità, vede la donna in ruoli subalterni rispetto agli uomini, soprattutto in ambito lavorativo. Nel corso del XX secolo, i movimenti per i diritti delle donne hanno iniziato a sfidare queste disparità salariali, ottenendo importanti vittorie che si sono tradotte in leggi.
Il viaggio nella normativa italiana per il diritto alle pari opportunità tra uomini e donne inizia nel 1919, anno in cui in Italia si riconosce alle donne la capacità giuridica che consente di esercitare tutte le professioni e buona parte degli impieghi pubblici senza più bisogno dell'autorizzazione del marito, introdotta nell’ordinamento giuridico nell’Ottocento.
Dopo il riconoscimento del diritto di voto nel 1945 alle donne, la Costituzione Italiana, sancisce il principio di uguaglianza di genere: uomini e donne, in particolare nel mondo del lavoro, hanno diritto al medesimo trattamento.
Articolo 37 della Costituzione Italiana dice: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.”
Anche in Europa, malgrado gli sforzi compiuti per applicare la risoluzione della conferenza degli Stati membri del 30 dicembre 1961 per la parificazione delle retribuzioni dei lavoratori di sesso maschile e di quelli di sesso femminile, è stato necessario emanare la Direttiva Europea 75/117/CEE del 1975 che ha rimarcato il principio della parità di retribuzione per uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. Queste leggi sanciscono il principio dell'uguaglianza di genere, ma la loro attuazione pratica continua a necessitare di vigilanza e interventi.
Le nuove leggi per la parità salariale
La buona notizia è che la Legge n. 162 del 2021, nota anche come legge sulla parità salariale che modifica il Codice delle pari opportunità (D.Lgs. n. 198/2006), introduce nuove disposizioni in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo. Per esempio, con più di 50 lavoratori e lavoratrici, è obbligatorio stilare un rapporto sul personale maschile e femminile e inviarlo al Ministero del Lavoro, al Consigliere regionale di parità e al Dipartimento delle pari opportunità della Presidenza del CdM.
C’è poi la certificazione della parità di genere che dal 2022 attesta le misure adottate dalle imprese per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale e alla tutela della maternità. Le aziende che ottengono queste certificazioni traggono vantaggio da benefici diversi, come l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali o il punteggio da utilizzare per partecipare a bandi di gara e progetti.
Infine, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha presentato una nuova proposta di direttiva sulla trasparenza salariale, chiedendo alle organizzazioni con più 250 dipendenti la condivisione dei dati sul divario retributivo di genere.
Se la cultura ostacola l’uguaglianza di genere
Nonostante le conquiste legislative, il divario salariale di genere persiste ancora oggi, per via di retaggi culturali e sociali che relegano le donne a ruoli meno prestigiosi e remunerativi.
Questo si traduce nella percezione di una costante svalutazione del loro lavoro e delle loro competenze, creando un senso di frustrazione e ingiustizia che può influenzare negativamente la loro motivazione e fiducia nel contesto professionale.
Dai dati raccolti risulta che il divario retributivo di genere aumenta con l'età e varia a seconda del settore: nel 2021 in UE era in media più elevato nel settore privato che in quello pubblico.
Purtroppo, gli stereotipi di genere giocano un ruolo cruciale fin dall’inizio perché influenzano la carriera delle donne già al momento della scelta dell’indirizzo di studio e del percorso professionale da intraprendere, limitando le loro opportunità di avanzamento.
Infatti, le donne continuano a essere sottorappresentate sul mercato del lavoro nonostante siano la maggioranza degli studenti che completa l’istruzione superiore.
Non bisogna dimenticare che il divario retributivo di genere mette le donne più a rischio di povertà in età avanzata. Nel 2020, le donne nell’Ue di età superiore ai 65 anni hanno ricevuto pensioni in media inferiori del 28,3% rispetto a quelle percepite dagli uomini. Questo significa impedire alle donne di essere autonome e indipendenti, e vivere con la prospettiva della necessità di appoggiarsi a qualcuno anche nella terza fase della vita.
Perché oggi c’è ancora il divario salariale di genere
Le cause del Gender Pay Gap sono molteplici e complesse. Una delle principali è la cosiddetta “segregazione occupazionale”, che vede le donne prevalentemente impiegate in settori e professioni che tendono a offrire salari inferiori rispetto ai settori dominati dagli uomini, come la tecnologia e la finanza.
Settori a bassa retribuzione. A conti fatti, il 24% del divario retributivo totale di genere si riconduce a una maggiore presenza femminile nei settori poco retribuiti come assistenza, sanità e istruzione. Di conseguenza, ogni taglio delle risorse destinate dal bilancio di Stato a sostenere le aree Salute e Istruzione, si abbatte anche sulla forza lavoro femminile, maggiormente impiegata in questi ambiti.
Part time per necessità. In media, le donne svolgono più ore di lavoro non retribuito nella cura dei bambini o i lavori domestici. L’impegno ruba tempo all’occupazione retribuita. Infatti, circa il 28 % delle lavoratrici, in base ai dati UE, ha un lavoro part time, contro solo l’8% degli uomini. Questo perché, avendo uno stipendio più basso, sono quelle che in famiglia devono sacrificarsi. A riprova che la genitorialità condivisa è ancora un sogno per poche.
Interruzione del lavoro. Le interruzioni di carriera legate alla maternità incidono enormemente sulla differenza di salario tra uomini e donne. Tanto che è stato coniato il termine di “motherhood penalty”, riferito alla maternità come fattore penalizzante sul lavoro e che incide negativamente sulla retribuzione.
Secondo l’indagine 2024 L.E.I. (Lavoro, Equità, Inclusione) della Fondazione Libellula, il Gender Pay Gap colpisce l’84% delle madri di bambini fino ai 3 anni, ma non risparmia le altre. Il 60% delle 11mila intervistate dichiara che la retribuzione è inferiore a quella dei colleghi uomini con medesimi ruoli, anzianità di servizio e responsabilità.
Pochi ruoli apicali. Purtroppo, se le donne guadagnano meno dei colleghi è anche perché sono poche quelle che ricoprono posizioni dirigenziali - nel 2020 le donne erano un terzo (34%) dei manager nell'UE - e ancora meno sono le lavoratrici esenti da una differenza di salari tra donne e uomini manager. Le stime indicano che le manager guadagnano in media il 23% in meno all'ora rispetto ai manager uomini.
Come azzerare il divario salariale in azienda
Per affrontare il problema del Gender Pay Gap in azienda, bisogna adottare un approccio sistematico, basato sui dati. Serve un'analisi approfondita del profilo retributivo aziendale, confrontando i salari di uomini e donne in posizioni equivalenti e valutando promozioni, bonus e incentivi. L'utilizzo di modelli predittivi può aiutare a identificare e correggere i bias inconsci.
Bisogna creare un database completo che includa dati salariali e informazioni su esperienza, performance e fattori organizzativi. Una volta identificate le disparità ingiustificate, l'azienda deve correggerle, magari approfittando dei momenti di valutazione annuale delle performance.
Anche nel processo di selezione, è utile rimuovere i fattori condizionanti, adottando un linguaggio neutro negli annunci di lavoro e considerando l'implementazione di procedure di "blind CV". Infine, l'impresa deve individuare i criteri che determinano gli stipendi, escludendo il genere. Alla luce di questi dati è possibile scoprire e risolvere eventuali discriminazioni di genere nascoste nelle politiche salariali. La trasparenza nella definizione della retribuzione e la disponibilità al cambiamento sono la base per creare un ambiente lavorativo equo e coinvolgente.
Aziende virtuose che hanno annullato il Gender Pay Gap Italia
La Ferrari ha fatto da apripista in Italia nell’azzeramento del divario retributivo di genere, diventando nel 2020 la prima azienda italiana a ottenere la certificazione Equal Salary. Questo riconoscimento, conferito dalla fondazione svizzera dopo un'analisi approfondita, attesta la medesima retribuzione tra uomini e donne a parità di qualifiche e mansioni.
L’impegno di Ferrari per la parità salariale rientra in una policy che promuove un ambiente di lavoro inclusivo e rispettoso delle differenze.
Nel 2020, Enel ha ricevuto la certificazione Equal Salary per le sue operazioni in Italia, dimostrando il suo impegno concreto nella riduzione del Gender Pay Gap. L'azienda ha anche esteso questo impegno a livello globale, lavorando per implementare politiche di parità salariale in tutte le sue sedi internazionali.
Un altro esempio virtuoso è rappresentato da Salesforce, l'azienda di software CRM, che dal 2015 ha intrapreso un percorso per eliminare il divario retributivo di genere, conducendo revisioni annuali dei salari sulla forza lavoro globale. L'azienda ha inoltre implementato politiche di trasparenza salariale e programmi di sviluppo della leadership inclusivi.
Questi tre esempi dimostrano che, con impegno e azioni concrete, è possibile fare progressi significativi nella riduzione del divario retributivo di genere.